All I Want For Christmas Is…

Una -e non la meno importante- delle ragioni per cui la Titolare evita di coltivare amicizie femminili (Ibryq esclusa – ciao!) è l’ineluttabilità pre-natalizia della frase “Ti ho preso un pensierino…”, e la sconfortante vastità degli orrori nascosti tra le pieghe dell’apparentemente innocua dichiarazione d’intenti di cui sopra.

Prima che vi offendiate e rivendichiate la vostra irresistibile spinta disinteressata a donare alle persone che vi circondano, il vostro amore per lo spirito natalizio, la gioia che vi provoca il sorriso sincero di chi accetta il vostro pacchettino, lasciate che chiarisca definitivamente la mia posizione in merito: CAZZATE. Non ho mai conosciuto una di queste invasate da “è solo una cosina, un pensiero” che non fosse animata dalla biechissima prospettiva di mettere le mani sulla messe statisticamente rilevante dei Regali di Ritorno, concetto che vado ad illustrare.

Regalo di Ritorno (RdR): prodotto inevitabile della sensazione di panico scatenata in una persona che aveva comperato regali solo per morosofratelloamica al suono delle parole “ti ho preso una cosa”, se pronunciate da persone a malapena rientranti nella cerchia delle conoscenti. Di solito è un libro.

Perché sono così rigida nella mia convinzione che la pesca a strascico del RdR sia ciò che spinge l’invasata di turno a fare regalini ai tre quarti abbondanti delle iscritte al suo stesso corso di laurea? Innanzitutto, per una mera questione di tempistica: se davvero avesse a cuore soltanto la gioia natalizia di chi la circonda, il soggetto in questione eviterebbe di mettere le stesse in grave imbarazzo attraverso l’annuncio strategico di pacchettino imminente, e si limiterebbe a consegnare quanto di dovere all’ultimo giorno utile, scongiurando senza appello la possibilità di spedizione riparatoria in libreria (o equivalenti).

In secondo luogo, se davvero -come proclamano- tenessero un minimo alle persone che omaggiano, se non fossero in palese mala fede, se non stessero preoccupandosi del numero più che della consistenza del target bersagliato con la campagna regalifera, allora non farebbero regali così clamorosamente brutti e/o poco azzeccati. Non a caso, quasi sempre la consegna della sontuosa strenna è accompagnata dalla raccomandazione di non aprire nulla fino alla vigilia, perché “è più bello, daaai!” – anche la più consumata delle grassatrici natalizie faticherebbe a mantenere un’espressione neutra mentre la sua vittima le sta di fronte e scarta una biro glitterata da ottantasei centesimi il cui avvento era stato enfaticamente annunciato con settimane di anticipo.

Devo ammettere, con una punta di ammirazione, che ci vuole una faccia di bronzo non trascurabile per comperare all’ingrosso e spacciare senza rimorsi trentadue deliziose bamboline-troll o per rifilare un elasticone di stoffa con i pupazzini anche a chi ha i capelli corti; lo stesso genere di faccia di bronzo che serve, peraltro, ad accettare con un sorriso smagliante l’improbabile lucidalabbra biancastro effetto sperma e ricambiare soltanto con un abbraccio e un augurio di buone feste, avendo avuto il sangue freddo di riconoscere il preannunciato regaluccio per ciò che è in realtà – una trappola delle più infami, appunto.

Ecco, io non rientro nella categoria delle facce di merda. Sarà che sono stata educata ad evitare ad ogni costo le figure meschine, sarà che tendo ad applicare a tutti il mio criterio decisionale (“gli/le voglio un bene dell’anima, le prenderò la cosa migliore che posso permettermi, e se proprio sono al verde gli/le scriverò un bel biglietto affettuoso e divertente!”), sarà che mi vergogno come una ladra a definire “regalo” un pezzetto di incenso alla vaniglia delle dimensioni di un cappuccio da biro, sarà che vivo nel terrore di ferire i sentimenti di chi mi sta intorno, sarà che sono parecchio boccalona – va sempre a finire che spendo più in sfiancanti regali dell’ultimo momento per gente nei cui confronti finisco per provare sentimenti maligni che non in regali accuratamente progettati per gente che adoro, e la cosa non va bene per niente, né per il mio ego né per le mie finanze.

Quest’anno, devo dire, va un po’ meglio. Per ora, complice una drastica riduzione delle interazioni sociali non-desiderate, il bilancio natalizio si è infatti attestato su un invidiabile risultato di tre regali consegnati-tre regali ricevuti; resta ancora, purtroppo, un’ultima, potenzialmente rischiosa, mattinata di lezioni. Credo, in caso di pericolo, che mi limiterò a simulare una sordità intermittente, e a culo tutto il resto (cit.)